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Carlo Porta e G. G. Belli

Carlo Porta: Traduzioni dall’Inferno di Dante. Dal canto V (Paolo e Francesca)

Carlo Porta: Coss’el voeur Ezzelenza che responda. Recita F. Parenti. CLICCA QUI.

“Questo e l’antecedente sonetto  è uno sfogo di giusto dolore, e feriscono una sola persona, che coprì a’ suoi tempi una luminosa carica dalla quale fu dimesso per poca soddisfazione del Governo” (C. Porta). Il critico Dante Isella identifica questa “Eccellenza” con il Conte Ambrogio Birago (1755 – 1828), dal 1811 ministro del Tesoro sotto il Regno d’Italia, che non corrispose alla fama di buon amministratore delle finanze di cui godeva e fu costretto a dimettersi nel novembre 1813.

Coss’el voeur Ezzelenza che responda:
ch’el diga quell ch’el cred che l’è patron,
e s’el ghe paress pocch damm del cojon
ch’el droeuva ona parolla pù redonda.

E che nol creda mai che me confonda,
che ghe patissa, o gh’abbia suddizion,
anzi deslengui de consolazion
compagn ch’el me fass re de Trabisonda.

Perché a damm del mincion l’è come on dimm
Che sont in straa per guadagnà quell terna
Che no quistaroo mai cont i mee rimm.

E deffatt vedend lu, che l’è pagaa
Con tante milla lira dal Governa,
no me par che i cojon se tratten maa.

Cosa vuole Eccellenza che risponda:
che dica quel che crede che è padrone,
e se le paresse poco darmi del coglione
che adoperi una parola più rotonda.
E che non creda mai che mi confonda,
che ci patisca, o ci abbia soggezione,
anzi mi sciolgo di consolazione
come se mi facesse re di Trebisonda.
Perché darmi del minchione è come un dirmi
che sono in strada per guadagnare quel terno (al lotto)
che non acquisterò mai con le mie rime.
E difatti vedendo lei, che è pagato
con tante mille lire dal Governo,
non mi pare che i coglioni si trattino male.

«Io ho deliberato di lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma». G.G.B.

Luigi Vannucchi recita La vita dell’omo, di G. G. Belli. CLICCA QUI.

Gianni Bonagura recita La vita dell’omo, di G. G. Belli. CLICCA QUI.

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Vittorio Gassman recita Li prelati e li cardinali, di G. G. Belli. CLICCA QUI.

Gianni Bonagura interpreta La creazzione der monno, di G. G. Belli. CLICCA QUI.

L’anno che Ggesucristo impastò er monno,
ché pe impastallo ggià cc’era la pasta,
verde lo vorzefà, ggrosso e rritonno
all’uso d’un cocommero de tasta.

Fesce un zole, una luna, e un mappamonno,
ma de le stelle poi, di’ una catasta:
sù uscelli, bbestie immezzo, e ppessci in fonno:
piantò le piante, e ddoppo disse: Abbasta.

Me scordavo de dì che ccreò ll’omo,
e ccoll’omo la donna, Adamo e Eva;
e jje proibbì de nun toccajje un pomo.

Ma appena che a mmaggnà ll’ebbe viduti,
strillò per Dio con cuanta vosce aveva:
«Ommini da vienì, ssete futtuti».

Terni, 4 ottobre 1831

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